Pseudo recensione del libro “il giro del mondo a 80 all’ora” di Luca Capocchiano, editrice La Caravella, disponibile online sul sito dell’editore e su Amazon al prezzo di 18 euro.
La prima cosa che mi viene in mente pensando a Luca Capocchiano attraverso il filtro di ciò che mi ha trasmesso per mezzo del suo libro, è che è una persona che “ce l’ha fatta”. Il numero di persone che lasciano temporaneamente o definitivamente la propria routine quotidiana per lanciarsi in un grande viaggio è difficile da quantificare, considerando che probabilmente la maggior parte di essi non si sobbarca lo sforzo di condividere la propria scelta e la propria avventura con un libro e, ormai in presa diretta, con i social. D’altronde il viaggio e le sue motivazioni sono qualcosa di intimo che non tutti hanno voglia di spiegare e condividere; inoltre per documentare e raccontare bisogna sottrarre tempo ed energie, soprattutto mentali, al proprio viaggio. Per questi motivi, noi che abbiamo un libro in mano e siamo immersi nelle nostre comodità, dovremmo ringraziare profusamente le persone come Luca (o Ilario Lavarra, o Giorgio Bettinelli e via via indietro) che ci rendono partecipi di imprese che molto probabilmente vorremmo a nostra volta realizzare ma che sicuramente non avremmo mai il coraggio di fare. Ciò premesso, ci si può chiedere se anche Luca Capocchiano sia dello stesso avviso, ovvero se si ritenga uno che “ce l’ha fatta”. Dopo le 478 pagine che compongono il racconto della prima metà del suo “Giro del mondo a 80 all’ora” (Edizioni La Caravella), posso dire di conoscerlo un po’. In fondo cosa c’è di più denudante che raccontarsi attraverso un libro? Cos’è che può rivelare più profondamente la nostra sensibilità se non raccontare la nostra esperienza attraverso l’ineludibile filtro che noi stessi rappresentiamo? E allora, se ho ragione, se davvero grazie al suo libro un po’ ho conosciuto Luca Capocchiano, credo che la risposta sia “no”, che non si ritenga uno che ce l’ha fatta. Quando assapori la libertà del viaggio, arrivando a Tarifa con una Vespa 50 Special e guardi il mare sentendolo sì un confine, ma temporaneo, ti germoglia dentro il pensiero che un giorno quello non sarà più un confine e che lo oltrepasserai. Dieci anni dopo, in sella ad una Vespa TS 125, partendo da Genova a causa del bisogno di assecondare il sogno nato da quel germoglio, dirigendo ad Ovest per migliaia di chilometri ma infine trovandoti ad Est rispetto a casa, guardando il mare e l’approssimarsi dell’ineluttabile fine del viaggio, cosa può pensare una persona come Luca? Di avercela fatta? No. Voglio pensare che una volta finito il viaggio, Luca abbia sentito invece un senso di sconfitta.. il senso di arrendersi al ritorno alla vita stanziale, alla casa, al lavoro, all’amore. Alle catene quotidiane. Sbaglio? Forse.. o forse no. Non glielo chiederò mai.
E il libro? E’ l’ennesimo libro di viaggio su due ruote? Sì. Dopo aver letto i libri di Giorgio Bettinelli e il libro di Ilario Lavarra, c’era il bisogno di un altro libro di viaggio in vespa? Sì, assolutamente. Quando Bettinelli ci ha lasciati orfani, trovare qualcuno che ci coinvolgesse nuovamente nel proprio viaggio in vespa era un’esigenza, almeno per me. E da questo punto di vista, man mano che lo spessore delle pagine restanti da leggere si assottigliava, io inconsciamente rallentavo nella lettura, quasi a non volerlo finire, ma con il pensiero rinfrancante che il viaggio non era finito veramente, perchè ci aspetta il secondo volume. Potrei dirvi molte cose su questo libro, ma se non vi bastano queste ultime parole per acquistarlo, allora altre non servirebbero a nulla.
Grazie Luca. Datti una mossa a scrivere il secondo!
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