Ci sono andato veramente (parte 1 di 2)!

The Hand of the Monkey/ Settembre 13, 2021/ lambretta, viaggi/ 2 comments

Non lo dico a voi, lo dico a me stesso..

Incredibile. Come tutte le cose che spostano l’asticella dei propri limiti un po’ più in là, a me personalmente sembra incredibile essere andato fino all’Isola di Wight.

Provo ad esorcizzare il pensiero con i freddi numeri:

  • 3600 km totali percorsi (di cui 600 circa in Sardegna);
  • 165 litri di benzina;
  • 3,3 litri di olio per miscela;
  • circa 22 km percorsi in media per ogni litro di benzina;
  • circa 290 euro di benzina spesi;
  • circa 30 euro di olio spesi;
  • 9 giorni di viaggio (Parma – Aosta – Dieppe – Isola di Wight – Dieppe – Tolone);
  • circa 683 euro di spese di alloggio compresa Sardegna;
  • circa 73 euro di spese collegate al Covid19;
  • circa 275 euro di spese in traghetti;
  • circa 164 euro di spese meccaniche.

Quindi alla fine, senza contare i pasti o altre spese accessorie, il viaggio nudo e crudo mi è costato poco più di 1500 euro.

Vediamo le tappe, allegando qualche foto saliente e l’eventuale testo del post su Facebook che trovate sul mio profilo.

Lunedì 23 agosto: Parma – Aosta (330km)

 

Il viaggio da Parma ad Aosta è stato liscio e anche l’unico tratto in cui ho incontrato una leggera pioggerellina (prima di Piacenza). Questo primo tratto, già fatto altre volte, era una sorta di rodaggio e di scusa per andare a trovare l’amico Roberto, responsabile della Riserva Monkeys di Aosta. Alla mattina, uscendo dal garage, mentre parlavo col vicino motociclista, ci ho messo più tempo del previsto ad avviare il motore e, spedivellando, una volta in moto il rumore era insolito.. Avrei dovuto capire e infatti dalle parti del lago di Viverone ho telefonato a Roberto per comunicargli che mi sarebbe piaciuto aprire il carter di trasmissione e che i miei anfibi usati pochissimo si erano letteralmente sbriciolati. Risultato: un cambio d’olio e un paio di stivali esagerati ma del numero giusto!

Martedì 24 agosto: Aosta – La Ferté (271 km + 700m a piedi)

Roberto e Denis mi hanno gentilmente accompagnato fino a Losanna, che per loro è una gitarella fuoriporta, passando per il passo del Gran San Bernardo, Martigny e Montreaux, dove ci siamo fatti una bella foto sotto la statua dedicata a Freddie Mercury. Dopo Losanna ho iniziato il mio viaggio in solitaria vero e proprio, attraversando la lingua di Svizzera che si incunea in territorio francese e inoltrandomi nel Parco Naturale Regionale dell’Alta Jura, il primo delle numerose foreste che fortunatamente ho attraversato, dato che non lo avevo programmato. Come spiegherò meglio nel post Facebook che dopo inserirò, in questo frangente ho avuto il problema che poteva mandare a monte l’intero viaggio e che mi ha provocato quelle sensazioni che forse sono il vero battesimo del fuoco per il viaggiatore moto-turistico: essere in mezzo al nulla, al tramonto, col motore fermo.

Mercoledì 25 agosto: La Ferté – Beaune-la-Rolande (370 km)

Questa è stata una giornata molto lunga. Ho dovuto riorganizzare il viaggio e recuperare il tempo e i chilometri perduti. Infatti sarà l’unico giorno in cui prenderò l’autostrada, dato che in Francia è consentita anche ai motocicli di 125cc di cilindrata. Siccome avviare il motore a spinta è abbastanza faticoso (nel modo sbagliato che usavo) cerco di non spegnerlo mai. L’indomani il proprietario del “une maison à la campagne“, che ringrazio, mi aiuterà anche a spingere la Lambretta!

Ma ecco il mio post su Facebook che riassume i primi giorni:

SO FAR SO GOOD diceva Bryan Adams.
 
Mettiamo un po’ in ordine gli eventi. Lunedì mattina esco dal garage, saluto il mio vicino e ricevo sana invidia, poi avvio la lambretta. Uno, due, tre, quattro calci? Strano.. Poi si avvia ma fa un ronzio nuovo. Alé, spoiler paranoia.. Ma cosa vuoi fare, non partire? Esco da Parma, poi rientro (dimenticato passaporto) poi riesco e mi avvio verso Piacenza, prendendo qualche goccia e incontrando l’equipaggio del vespa club 3 laghi che procede sulla via Emilia in direzione opposta. Fast forward. Con un caldo bbestia arrivo, 330 km dopo, ad Aosta, ma lungo la strada avviso Roberto che quando viaggio vicino a guard rail o muretti, mi si riflette uno strano rumore del motore e gli chiedo se possiamo aprire i carter per dare un occhio. E invece cambiamo solo l’olio. Vabbè. Nel frattempo, come se non bastasse che dormo da lui, Roberto mi mette anche ai piedi un bel paio di stivali, dato che i miei anfibi usati pochissimo, si sono sbriciolati. Bene, dopo una cena fra amici, si parte l’indomani con Roberto e Denis che mi accompagneranno fino a Losanna. Ci salutiamo, mi perdo nonostante il navigatore e tra una raffica di vento e l’altra, arrivo al confine di Vallorbe e rientro in Unione Europea. Da Aosta a Losanna, attraverso il Gran San Bernardo, me la sono goduta, la Svizzera è molto bella! Comunque sia, attraverso le colline e i boschi dell’alta Jura, un assaggio di Francia davvero fantastico, poi attraverso Arbois in festa e passo per un paesino chiamato La Ferté. Lo oltrepasso e mi fermo appena fuori, perché è ora di pensare a dove passare la notte. Digione non è distante, cerco e prenoto. Bene, infilo il casco, i guanti, do un colpo di pedivella ma rimane giù. Ahia. La riporto su col piede ma già capisco. Do un altro calcio e stavolta resta giù a penzoloni. Quasi panico. Faccio la prima di parecchie chiamate ad Alberto (il mio amico meccanico). Prendo il fil di ferro, lego la pedivella e provo a muovere la Lambretta che, in risposta, fa un cric-cric-cric. Capisco. PANICO.
Ora, io credo di non avere mai provato panico in vita mia, ma quei 30 secondi di ieri sera sono stati una esperienza nuova per me.
La Lambretta è ferma, mi guardo intorno e sono praticamente in mezzo alla campagna in mezzo al nulla. Ci sta che non abbia razionalizzato immediatamente come al solito. Capisco che se non apro i carter il mio viaggio è finito. Disdico al volo la sistemazione a Digione e nel panico, pure l’hotel all’isola di Wight! Mi vedevo perso 
Torno sui miei passi spingendo la lambretta in paese. Booking non dà strutture nei dintorni, vedo l’indicazione di un camping ma controllo ed è troppo distante. Allora guardo meglio Maps. Mi dà un appartamento a 700 metri. Forse sono salvo. Spingi spingi, arrivo all’indirizzo e suono. Mi apre una bella signora coi capelli rossi assieme a 3 bambini. Le spiego. Lei dice che deve chiedere al marito. Praticamente mi trovo in una corte. Il marito deve essere un allevatore (è pieno di mucche qui). Mi fanno vedere l’appartamento, davvero bellissimo, mi fanno il letto, intanto chiedo qualche attrezzo che mi manca (stupido!) e il bambino più grande la prende come un gioco, correndo in officina col padre ogni volta che chiedo una chiave. Insomma, mentre loro cenano e mi invitano al tavolo, io con lo stomaco chiuso procedo a smontare mezza lambretta sotto un gazebo poco illuminato per i miei propositi e la mia vista da quarantenne. Smonta smonta, che per smontare una cosa nella lambretta, ne devi prima smontare altre quattro, apro il carter, rompo la guarnizione in carta e vedo che l’alberino di avviamento si è spezzato. Vigo Vespa Grt Dario avrebbe già fatto il giro dei santi del calendario tre volte a sto punto, ma io non sono abbastanza veneto. Spiego tutto ad Alberto, poi a mio fratello e poi anche a Roberto che, come se non bastasse tutto il resto, si offre di cercarmi il pezzo e portarmelo, oppure di venirmi a recuperare. San Roberto da via Sinaia. Addirittura Paolo Chevron si offre di smontare il carter intero dalla sua Special! Non posso accettare. Ma è bello avere amici così. Poi, sorpresona, mi chiama Gegio Degli Innocenti offrendomi i suoi contatti (salto avanti, oggi Michel Olivier e Seb Inglourious Romero si sono gentilmente offerti di aiutarmi e li ringrazio come anche Tino Sacchi) e anche Fabio Cofferati si esprime tifando per me, assieme a Maurizio Sesenna e Tiziano Amboni (ripeto, è bello avere amici così). Insomma, Alberto, Fabio, Dario, Maurizio, Roberto, Tiziano, Gegio e tutti gli altri mi invitano a continuare, ma io vado a letto deluso e mortificato, con la lambretta aperta. Non dormirò nulla, presagendo che Roberto e Gegio non sarebbero riusciti a trovare il pezzo di ricambio. Mi sveglio stamattina con molta calma, spegnendo o posticipando più volte l’allarme, tanto dove devo andare? Poi raccolgo le idee, dopo un caffè lungo e molto zuccherato (serve energia!) e penso che, dato che comunque non ho nulla da fare, tanto vale richiudere i carter. I padroni di casa mi contano per pranzo, ma prima di mezzogiorno sto mettendo la terza marcia e avviando la lambretta. FUNZIONA! Cioè, funziona bene! Allora elimino anche la pedivella e la appendo a trofeo sotto la borsa anteriore, tipo corna di cervo. Roberta per una volta dice le parole giuste (che le ho telegrafato) perciò decido che non si torna a casa! Saluto, lascio lauta mancia per l’aiuto e inforco l’autostrada come suggerito da Roberto. L’autostrada è triste, mi fa perdere tutto il gusto ma eccomi qui, in pari con la tabella di marcia, di nuovo in mezzo al nulla, cercando ogni minima discesa per avviare a spinta la lambretta.
Fortuna che la Francia è tutta un saliscendi.
E mucche.
E pale eoliche.
 
 

Giovedì 26 agosto: Beaune-la-Rolande – Tour Eiffel – Dieppe (282 km)

Giornata uggiosa attraversando una periferia uggiosa. Entrando a Parigi vengo accolto per qualche chilometro da una micropioggerellina fine-fine-fine che bagna ma non impegna. Questo è senza dubbio il primo grande traguardo del mio viaggio: la foto sotto la Tour Eiffel! La Normandia è un bel posto. Si vede subito la differenza architettonica con cui sono costruite le case, un misto fra legno e mattoni oppure con mattoni sottili intervallati da cemento bianco, il cui aspetto sembra molto influenzato dallo stile fiammingo del vicino Belgio e Olanda (spero di non aver scritto una cazzata).

Ecco il mio post su Facebook:

WISH YOU WERE HERE dicevano i Floyd (and, by the way, which one’s Pink?).. A spingere, dico io. 
 
Oggi 282 km, avviando la Lambretta assieme al padrone dell’alloggio in cui ho dormito. Il tempo è stato nuvoloso e ventoso tutto il giorno, con la temperatura ulteriormente abbassata. Ho perso molto tempo nel traffico di Parigi per arrivare fino alla Tour Eiffel, prendendo anche un po’ di pioggia, ma ne è valsa la pena! Appena mi sono sistemato sul marciapiede spartitraffico di Quay Branly, con Lambretta rigorosamente accesa (vi ricordo che la posso avviare solo a spinta), si avvicina un ragazzo italiano che si complimenta con me per essere arrivato dall’Italia in vespa. Dopo avergli fatto notare che si tratta di una Lambretta, prendo la palla al balzo e mi faccio scattare qualche foto. Antonio, questo il suo nome, è originario di Roma ma lavora in Puglia. Strano, di solito è il contrario! 
Comunque, grazie mille Antonio, sei stato prezioso, almeno quanto il runner che ho fermato, dopo che stavo esplodendo nello spingere la Lambretta senza esito. Infatti, dopo la foto sono salito sulla collinetta di fronte alla Tour Eiffel, dietro alla Cité de l’architecture et du patrimoine, credendo di avere abbastanza abbrivio per avviare la Lambretta. Niente da fare, dopo aver finito tutte le discese fino alla Senna, mi restava solo di imboccare uno di quei tunnel del tipo dove si schiantò Lady D, ma per fortuna vedo passare sto giovane che si presta a spingere la Lambretta assieme a me. Insomma, anche stavolta me la sono cavata, ma la cosa inizia a infastidirmi, tanto che sabato spero di trovare sull’isola qualcuno che mi aiuti ad aggiustare l’avviamento a pedale. Intanto domani mi faccio un paio di km a piedi e vado a fare il tampone per essere in regola per il traghetto. Poi torno, carico i bagagli e aspetto un altro runner 
Per fortuna che il motore ha un minimo impeccabile!
Comunque, mai preso tanto vento, spesso contrario, in vita mia come oggi. Neanche in 4 anni di Sardegna. Uscito da Parigi, attraversando più volte la Senna e qualche suo affluente, e dopo due cheeseburger col motore acceso, pian piano è tornata la campagna, coi saliscendi che mi piacciono tanto. Ne faccio uno, dopo il paese di Chars, talmente ripido e lungo che mi azzardo a fermarmi e a spegnere il motore. Lì decido che arrivare direttamente a Dieppe non è poi così lunga, solo circa 115 km. E allora perché no? Così sono comodo per il traghetto.
 
 
 

Venerdì 27 agosto: Dieppe – Newheaven – Portsmouth – Isola di WIght ( 8 km a piedi + 4 ore di traghetto + 121 km)

 
Buongiorno! Sono appena riuscito a fare un test covid al volo. Sta burocrazia oggi mi sta uccidendo. Il laboratorio che avevo diligentemente prenotato mi ha rimbalzato (che poi la tipa voleva darmi da intendere che la pe-se-ar, la PCR, sarebbe stata pronta alle 22.. a me! Che ne faccio forse cento in un anno! Ma vá dar via il ciàp fransés, và là) e da lì.. Flipper tra farmacie.. Ho girato a piedi per Dieppe per circa 8km, altrimenti avrei dovuto riavviare a spinta la lambretta una marea di volte.
Comunque, ora sto camminando verso la lambretta, la carico e poi traghetto! È quasi fatta!
 
#fuckcorona. Sei dispendioso e molesto, per molti sei stato la tomba purtroppo, ma oggi ti ho messo da parte. Sono sul traghetto e già questo, di per sé, mi sembra un ulteriore traguardo. Certo, la Tour Eiffel ha un altro fascino, ma anche queste sono conquiste. Tra poche ore sarò nella terra di Albione, assieme a Teddy, l’orsacchiotto di Mr. Bean a cui ho deciso di far riassaporare l’aria di casa. Dopo lo sbarco mi dirigerò verso Portsmouth, avrò più tempo domenica per fermarmi a Brighton! Domani mattina appuntamento da EST Ell’s speed tuning per riparare la lambretta, anche se, dopo che come un fesso ho dovuto farmi spiegare da Alberto COME si avvia a spinta una lambretta, la situazione è molto migliorata 
Ci sentiamo stasera! 
 
IT’S MY LIFE, DON’T YOU FORGET, diceva Mark Hollis.
 
La traversata verso Newhaven poteva essere occasione di riposo, se non fosse per il solito piccolo bébé posseduto dal demonio. Vabbè, metto le cuffiette. Dopo circa 4 ore, dalla finestra della sala, si iniziano ad intravvedere formazioni rocciose bianche a picco sul mare. Sono falesie baciate dal sole e, in effetti, da questa parte della manica il meteo è molto migliore.. Passata la dogana, ecco finalmente l’approccio con la parte difficile e un pochino pericolosa dell’Inghilterra, ovvero guidare dalla parte sbagliata! La prima intersezione e successiva rotonda, mi lasciano un po’ smarrito, ma nessuno mi investe e prendo confidenza con la guida a sinistra. Avevo già guidato uno scooter a sinistra, sull’isola di Nusa Penida in Indonesia, ma là non c’erano né rotonde né semafori ed era abbastanza semplice. Da Newhaven a Portsmouth sono circa 120 km che percorro al tramonto. Mi piace guidare al tramonto e anche qui, come in Francia, è spettacolare. Le grandi colline vengono illuminate dal sole o messe in ombra da una nuvola, creando varie sfumature di verde. Portsmouth è una bellissima cittadina, meriterebbe più attenzione, ma devo prendere ancora un traghetto! L’imbarco è veloce così come la traversata, ed eccomi, sull’isola di Wight, a percorrere i 15 km verso l’albergo con gli ultimi scampoli di luce, fra saliscendi e strade strette fra siepi, nella campagna e fra alcuni borghi. L’odore di erba umida e il fresco della sera mi riempiono i polmoni. Che bella sensazione, ne è valsa la pena.
 
La sera vado all’aeroporto di Sandown, dopo una bella doccia. Evidentemente la sera non è il momento migliore, infatti trovo pochi scooter e la gente è perlopiù assiepata sotto i due tendoni in cui fanno musica. Quello più grande, con musica più moderna, è particolarmente gremito. Entrando si sente prima una zaffata calda dovuta verosimilmente all’evaporazione dell’umidità del terreno ricoperto di erba che fa da pavimento e poi la cappa di aria stantìa della folla. Evidentemente il ricambio d’aria non è una delle qualità di questa tensostruttura e, dopo un breve filmatino col cellulare, vedo bene di togliermi di mezzo da quella folla festante e mi dirigo verso uno dei soli due chioschi che offrono cibo. Mi prendo un paio di hotdog (il wurstel è fritto!) dall’igiene molto precaria, un birrone, faccio conversazione con una coppia di Chicester e me ne vado. Abbastanza deludente. Mi riprometto di tornare il pomeriggio seguente.
 

Sabato 28 agosto: a zonzo per l’isola (110 km)

 
Si vede il sorriso di Teddy? Credo sia felice di essere a casa.
L’Italia è piena di magnifici posti, ma l’isola di Wight è veramente un luogo meraviglioso. Direi “lovely” ..
Stamattina, dopo una ricca colazione, ho deciso di farmi un mezzo giro dell’isola prima dell’appuntamento col meccanico. Qui sono molto amichevoli. Guidare a sinistra mi è diventato semplice ormai, basta accendere il cervello durante i primi 50 metri in cui automaticamente vorresti stare a destra 
 
È PER NOI L’ISOLA DI CHI, HA NEGL’OCCHI IL BLU, DELLA GIOVENTÚ cantava Giancarlo Sbriziolo (detto Lallo). 
 
Per fare il meccanico bisogna avere una pazienza infinita. Oggi sono stato nell’officina di Andrew Davis (EST Ell’s speed tuning) a Cowes e, anche se tutti parlavano una lingua straniera, il clima era esattamente quello che si respira nei luoghi dove esiste amicizia e passione, ovvero un via vai di persone, gente che porta cibo, gente che fa caffè, gente che viene per un consiglio o per scroccare una vite persa per strada. Insomma quei posti che dovrebbero avere anche un bel bar annesso. Per fare il meccanico bisogna avere pazienza perché, mentre lavori, tutti ti chiedono qualcosa. Ma forse il bello è anche questo.
Per fare il meccanico, bisogna avere pazienza soprattutto perché, come nel mio caso, quando hai richiuso il motore, pulito il banco, tolto dalla pedana tutti gli attrezzi e riposti gli stessi nei cassetti, rimessa a terra la Lambretta, ti accorgi che l’asse di avviamento appena montato tocca il pacco frizione.
Vuoi forse non tirare un bestemmione?
Non mi pare che Andrew lo abbia fatto, ma forse era in inglese e sottovoce, chissà.
Ma in un battibaleno, rimette la lambretta sulla pedana, riposiziona due vaschette (una per l’olio, l’altra per la minuteria) e inizia il lavoro daccapo senza battere ciglio e con più lena della prima volta. E insomma, io non sarò mai un bravo meccanico, perché per fare il meccanico bisogna avere pazienza.
Nel frattempo, guardo, scruto, osservo, faccio domande e gli confesso che cerco di rubare con gli occhi tutto ciò che fa. Se guardi Alberto lavorare, vedrai che fa certe cose. Se guardi Andrew noterai che fa le stesse cose ma diversamente. Ovviamente non c’è un modo giusto o sbagliato. Ma se osservi bene, quando sarai da solo, in mezzo al nulla, aver “rubato con gli occhi” ti salverà, e avrai più opzioni per risolvere lo stesso problema.
Ogni tanto, esco a fare due chiacchiere con la varia umanità che passa per l’officina. C’è il ragazzo con il PX che era del nonno originario di Avellino, c’è il diversamente giovane con il PX chopper con la forcella Lambretta, c’è la coppia che sta usando la lambretta dell’amico recentemente scomparso, e ci sono 3 ragazzini giovani giovani, ognuno con la propria lambretta, chi perfetta, chi un rudere con più mani di vernice. Indossano Bomber e anfibi e, per l’occasione del rally, anche una gonnellina hawaiana sopra i jeans. Sono la nuova generazione di scooterboys, quelli che in Italia non ho mai visto.
Forse c’è speranza.
A tutti regalo un adesivo e molti mi fanno l’onore di attaccarlo subito. È sempre un onore per me quando qualcuno decide di usare una piccola area della propria carrozzeria per piazzare un adesivo dei Monkeys.
Alla fine saluto tutti e vado a Ryde, dove trovo un bell’assembramento di scooter su prato e dove compro toppa e spilletta ufficiale dell’evento. Dopo un hamburger, proseguo per altri 40 km a zonzo per quest’isoletta di cui mi sono innamorato, e infine rientro per una doccia e la vaga intenzione di uscire nuovamente. Sceso nella hall, trovo sui sofà due coppie di anziani scooteristi. Senza nemmeno presentarci, iniziamo a parlare di brexit, politica e vaccini. Volano due ore e scopro che stasera, per scambiare opinioni con veri scooteristi e bere birra, non avevo nemmeno bisogno di muovermi dall’albergo.
Domani dovrò salutare l’isola di Wight ma chissà, forse sarà un arrivederci.
 
Col senno di poi avrei potuto presentarmi da Andrew in ritardo, dato che era alle prese con una Lambretta nella quale il pacco frizione era uscito dal suo cestello. Come leggete nel post Facebook appena sopra, il lavoro è stato molto lungo e si è protratto fino a pomeriggio inoltrato. Ho quindi preferito andare a Ryde e fare un altro giro fino al tramonto, così alla fine non sono più tornato all’aeroporto. L’inconveniente e la riparazione, assieme alla mia scelta di partire la domenica, mi hanno fatto perdere molto tempo che avrei potuto spendere meglio. Anche questa è esperienza.
 
 

Domenica 29 agosto: Isola di Wight – Brighton – Newheaven – Dieppe (121 km)

 
THE WIND CARRIES INTO WHITE WATER FAR FROM THE ISLANDS cantava Maggie Reilly.. 
 
Questa mattina preparo mestamente la lambretta in modo da essere pronto a partire subito dopo la colazione. Il traghetto delle 10 era l’unica opzione disponibile, prendere o lasciare. Mi sono perso così la parata a Ryde (come Fabio mi ha sadicamente fatto notare) ma ho conosciuto Martin che ha già un motore bello grosso ma vuole provare il Quattrini e soprattutto Gary, che mi ha gentilmente accompagnato fino a Brighton e mi ha presentato alcuni dei suoi amici.
Brighton sembra un parco giochi. Oggi, che è la domenica del summer bank, è stracolma di gente. Mentre ci avviciniamo al Brighton Pier, non posso non notare gli imponenti palazzi frontemare. Arrivati a destinazione, è un tripudio di nostalgia Mod, sia negli scooter Vespa e Lambretta, sia nell’abbigliamento delle persone. Il clima è festoso. Nel viale, disposti su 3 o 4 file, ci saranno senza dubbio qualche migliaio di scooter. Una cosa impressionante. Un tripudio di personalizzazioni, fanali, specchietti e fumo da gas di scarico rigorosamente 2 tempi. Mi godo la compagnia, sorrido come un bambino a Gardaland.
Verso le 14 parte la parata. Mi ci infilo per ultimo, saluto Gary e li seguo sulla strada per Newhaven dove troverò il traghetto per rientrare a Dieppe.
Il viaggio prosegue, ho di nuovo tutta la Francia davanti alla mia modesta Lambretta.
 
Come temevo, col senno di poi è stato un errore progettare il mio viaggio con traghetto di rientro già domenica. Non ho studiato a sufficienza come si svolgeva l’evento e mi sono perso la parata di Ryde ed il contest con gli scooter migliori. Per il proseguio del viaggio, avrei faticato parecchio ad arrivare in Sardegna in tempo per il raduno a Tortolì, ma rimanere un giorno in più sull’Isola di Wight sarebbe stato molto molto meglio.
La strada panoramica da Brighton a Newhaven è abbastanza corta e tiene sempre il mare a destra con le imponenti falesie. All’arrivo prendo un hotdog da uno “zozzone” inglese (li chiameranno “dirty foodtruck”??) e mi mi avvio al porto. Dopo il controllo doganale, in attesa di imbarcarmi mi intrattengo con un cuoco portoghese che sta tornando al suo paese per le vacanze. Mi descrive il problema con la mancanza improvvisa di manodopera straniera che sta vivendo il Regno Unito dopo la Brexit. Afferma che gli ambiti con maggiore crisi sono quello dei trasporti, dell’agricoltura e dei servizi turistici, con stipendi che (fortuna sua) stanno schizzando alle stelle a causa della maggiore offerta di lavoro rispetto alla richiesta. Lui stesso dice che spesso deve cambiare il menù perchè impossibilitato a trovare le materie prime, in primis frutta e verdura.

Lunedì 30 agosto: Dieppe – Montluçon (490 km)

 
.. MY BODY’S WEAK I’M ON THE RUN NO TIME FOR SLEEP I’VE GOT TO RIDE – RIDE LIKE THE WIND.. diceva Christopher Cross, prima di sparire. 
 
Sbarcato a Dieppe molto tardi, ieri notte mi sono fatto tenere la stessa stanza nello stesso alberghetto. Stamattina però non ho indugiato e sono subito partito. Il piano sarebbe, uso il condizionale, arrivare nei dintorni di Tolone in due giorni. Da Dieppe sono circa 1100km. Oggi sono riuscito a farne più di 500. Dopo i primi 100km percorsi a ritroso rispetto a giovedì, ho impostato il navigatore in modo tale che mi facesse stare il più lontano possibile da Parigi.
Il navigatore è un oggetto relativo. Alla mattina, quando sei fresco e hai tutto il giorno davanti, ti compiaci delle belle strade di campagna in cui ti conduce e dei bei paesini in cui ti fa passare. Approposito, passando per l’ennesimo paesino in cui i negozi sono praticamente tutti chiusi, vedo un furgoncino street food nel piccolo parcheggio della piazza. Mi fermo incuriosito. Il furgone è nuovo e pulito. Rosalinda, la signora all’interno, controlla alacremente le sue fritture. Le chiedo se è possibile avere un panino e, un po’ a gesti un po’ a mezze parole, riesco a intendere che è belga ma che sua madre era italiana. Il panino è enorme, farcito anche con tante di quelle patate fritte che chiedo se gentilmente può toglierne. Sono un po’ sconfortato, tra Inghilterra e Francia non mi riesce di fare un pasto decente.
Proseguo. Il navigatore mi disperde fra le campagne, ma mi fa anche attraversare alcune delle grandi foreste demaniali di cui è punteggiata la Francia. All’interno, le strade sono lunghi rettilinei di asfalto impeccabile che, sommati ai lunghi rettilinei campagnoli con asfalto molto meno impeccabile, mi permettono di percorrere “ad andatura autostradale” parecchi chilometri. La mia andatura autostradale, gli 80 all’ora circa, riduce i consumi per km ma la Lambretta vibra tanto che mi si offusca pure la vista..
Ho già detto quanto mi piace la campagna, ma non di meno è molto apprezzabile anche attraversare questi squarci di foresta. Il cielo è plumbeo, a volte molto nuvoloso, per tutto il viaggio. Un paio di volte sento distintamente odore di pioggia ma, per fortuna, più procedo verso sud, più il cielo si apre, anche se il vento è una costante.
Il navigatore è un oggetto relativo, dicevo. Verso sera, quando hai fretta e preferiresti restare su strade principali, lui comunque imperterrito ti fa proseguire per campi, ma tu non ti compiaci mica più con lui, anzi, inizi a tirare l’orecchio per auscultare ogni vibrazione della Lambretta, nella non più tanto remota ipotesi, come ho scoperto settimana scorsa, che possa fermarsi in mezzo al nulla. E questo dei boschi e delle campagne è un nulla talmente spinto, che a confronto La Ferté era tipo Sesto San Giovanni. 
Stamattina, non ricordo più perché, ho fatto il pieno con la benzina 98 ottano. Sarà una cosa psicologica ma mi pareva il motore andasse meglio, così, al secondo pieno, ho messo ancora questa benzina. In effetti, il motore si è confermato un pelo più performante, più parco nel consumo e sono spariti alcuni rumorini che attribuisco alle fasce elastiche. Sarà più costosa, ma credo che continuerò a sperimentarla.
 
Ora mi ricordo il perchè. Sfogliando Facebook mi ero imbattuto in un post del bravo preparatore Simone Checchin da Rustega (PD), il quale mostrava immagini di carburatori cariati dalla nuova benzina contenente etanolo e le lamentele dei suoi clienti. Ho studiato un po’ la cosa perchè è interessante. La realtà è che l’etanolo in sè, in percentuale fino a 5 o a 10, non è un grosso problema se il mezzo viene costantemente utilizzato. Quando invece tale benzina permane per molto tempo nel serbatoio e nel carburatore, a causa delle proprietà igroscopiche dell’etanolo, viene assorbità umidità ambientale e l’acqua corrode l’interno del serbatoio oltre che la vaschetta, i getti e lo spillo del carburatore. Quindi se mettete via la Vespa e la Lambretta per l’inverno, ricordatevi almeno di vuotare il carburatore. Comunque sia, non si risolve mettendo la 98 ottano perchè anch’essa contiene etanolo, ma almeno il più alto grado antidetonante fa funzionare meglio il motore..
 

 

Martedì 31 agosto: Montluçon – Allauch (535 km)

 
I DREAMT THAT I WAS DREAMING
I WAS WIRED TO A CLOCK
I TICKLED BY THE MINUTE HAND
TICK TOCK, TICK TICK TOCK cantava Roisin Murphy. 
 
Per soli 20km ho mancato il Coast to Coast della Francia da Dieppe a Marsiglia. Potrei recuperare ma la birra nella mia mano mi suggerisce di lasciare perdere. Non si viaggia per ste cose, almeno non io. Tuttavia, tra qualche anno, sono sicuro che mi vanterò di aver percorso tutta la Francia da Nord a Sud in soli due giorni con la mia Lambretta. Lasciamo decantare, tanto c’è chi racconta bugie molto più grosse.
Tornando a noi, per la statistica, oggi mi sono sparato 530km circa! È stato un viaggio molto lungo attraversando il centro sud della Francia e i paesaggi che mi si sono parati davanti sono stati i più vari.
L’unico modo per cercare di dare un ordine al flusso di pensieri e immagini è ripercorrere dall’inizio.
Dunque, stamattina mi alzo malissimo, prima della sveglia, perché sento uno strano TOC TOC TOC TOC tipico di un motore lambretta al minimo. Mi alzo di soprassalto pensando, nel dormiveglia, che mi stiano fregando l’amata Lamberta. Sono in mutande, non posso scendere così. Quindi mi siedo sul cesso a ponderare un attimo. Non può essere che nel 2021 ti fottano la lambretta mettendola in moto, al massimo la sollevano e la caricano no? Ma non mi convinco. Mi infilo i pantaloncini e scendo a vedere il luogo in cui l’ho occultata. C’è ancora. Fa freschetto però. Visto che è presto mi metto di nuovo sotto le coperte, così il mio proposito di partenza anticipata và a farsi benedire. In ritardo, scendo per la colazione, carico i bagagli e parto. Subito vengo avvolto da quelle nebbione familiari a noi padani ferraresi, di quelle nebbie che ti imperlano di goccioline la visiera, tanto da doverla pulire sovente con il dito del guanto, di quelle nebbie che ti bagnano come se piovesse. Sono in riserva, ho già fatto 40km senza l’ombra di un distributore.. Il mio senso di ragno pizzica.. La paranoia monta. Decido quindi di deviare in cerca di gasolio (fa più figo dire che “vado a fare gasolio”) .
Riparto ringalluzzito, ma nebbia e freddo mi attanagliano e la cosa peggiore è che non vedo nulla tranne asfalto! Ad un certo punto scorgo un cartello, indica che siamo a 800 metri d’altitudine quindi delle due l’una: o sono troppo in alto io o sono troppo in basso le nuvole.. Forse entrambe le ipotesi perché appena inizio a scendere, la giornata rimane uggiosa ma almeno non c’è più nebbia. Vedo in lontananza un furgone rosso. Mi incuriosisce, accelero finché a fatica lo raggiungo. Sembra un furgone dei pompieri dismesso e camperizzato. Mi attirava perché è un vecchio Renault Master, uguale a quello che mio zio aveva quando vendeva fiori al mercato assieme a mia madre. Và veloce e mi traina per un bel pezzo, ma arriva il bivio in cui ci separiamo. Inizia nuovamente la salita. La solita salita chilometrica che devo farmi in terza marcia, ma in un battibaleno mi trovo tra le conifere. Stiamo salendo in montagna davvero! E nel frattempo il sole inizia timidamente a bucare le nuvole, ottimo! Pare si tratti del parco naturale regionale Livradois-Forez, al cui centro si trova la cittadina di Ambert che, essendo gemellata con Gorgonzola (e qui ci sta la foto per Giuliano Galli) avrà sicuramente a che fare col formaggio Camembert. Ma invece no, non c’entra nulla mi dice Wikipedia dalla regia in stile Boncompagni.
Comunque, al termine di questa bella zona di montagna, intercetto una fantastica strada, la N102, che pare fatta apposta per il mototurismo professionista e infatti incrocio moltissime comitive di due ruote. Piccola parentesi: in tutta Francia non ho incrociato né una Vespa né una Lambretta. 
La N102 mi porta fino a 1280m di altitudine ma, nella direzione in cui vado io, è spesso un dolce dislivello a mio favore, che aiuta non poco il motore della Lambretta. Continuando a scendere questa meravigliosa strada che attraversa i monti dell’Ardèche, dopo l’ennesima curva mi ritrovo improvvisamente dal freddo al caldo che ormai davo per perso. Mi fermo per una birra e un panino e tolgo il piumino che fortunatamente avevo portato con me in valigia. Oggi è servito!
Ancora qualche decina di km e il paesaggio si trasforma in alta collina, con tante piccole vette ad ondulare l’orizzonte. Il pomeriggio è ormai inoltrato e manca ancora metà strada. Cominciano a dominare la vegetazione gli aceri (gli imponenti platani) e i pini domestici. Sembra di essere vicini al mare ma in realtà siamo molto distanti. Le vigne si fanno sempre più presenti e invadenti fino a dominare completamente il paesaggio! Viti e vigneti a perdita d’occhio! Sono nella Plan-de-Dieu nientepopodimeno! Il vento è fortissimo, ma per fortuna spesso me lo trovo alle spalle. È ora di prenotare un albergo, stasera farò tardi. Ho già detto che mi piace guidare al tramonto? Beh oggi me lo sono sciroppato tutto, e anche il buio. Percorro una bellissima strada fra due costoni, tutta curve, verso Marsiglia. I fari al LED sono prodigiosi. La costa è vicina ma all’Hotel mi aspettano. Dopo il check in mi siedo, birra in mano. Per soli 20km ho mancato il Coast to Coast della Francia da Dieppe a Marsiglia..
 
Caspita, sto articolo è diventato bello lungo…
Praticamente questa è la conclusione del viaggio all’Isola di Wight quindi mi sembra il momento giusto per fare una pausa.
Nel prossimo articolo tratterò il viaggio verso il Sardegna Scooter Rally, ma sarò molto più stringato, prometto!
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2 Comments

  1. Bellissimo racconto!!!

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